Cercandolo attentamente nel vostro girovagare per Pistoia lo potrete trovare ma non sarà facile… nelle trattorie e nei ristoranti della tradizione locale, e può essere cucinato semplicemente alla salvia o al vino bianco, oppure arricchito in fricassea con l’aggiunta del rosso d’uovo sbattuto con il limone.
Questo piatto storico pistoiese – non adatto a tutti i palati – ha una ricetta poverissima, e deve il suo nome stravagante alla leggenda da cui prende vita.
Infatti, un tempo a Pistoia il Carcere di Santa Caterina e i Macelli comunali erano molto vicini. Entrambi si affacciavano su di un piccolo corso d’acqua, chiamato Brana. Si narra che gli scarti degli animali macellati inizialmente venissero gettate nel fiume, sotto gli occhi dei poveri condannati affamati, costretti a mangiare pane e acqua. Più tardi così le guardie carcerarie – anche sotto la crescente pressione dei carcerati – aggiunsero nel rancio quotidiano la cosiddetta rigaglia – le interiora di vitello – altrimenti buttate via dai vicini macelli, per fornire una zuppa più sostanziosa e nutriente.
Il nome rigaglia, in toscana declinato al singolare, deriva dal latino regalia, ovvero “cosa di re”. Questo perché era cosa che il Re destinava ai servitori, mangiando sua signoria i quarti nobili.
Nel tempo la ricetta è stata arricchita con odori, olio, aglio e formaggio grattugiato, diventando un piatto storico della cucina tradizionale pistoiese.
Ingredienti:
300gr di pane raffermo (scuro e cotto a legna)
300gr di interiora di vitello compreso zampa, coda e testina
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
3/4 pomodorini
Formaggio pecorino
Olio extravergine d’oliva
1 noce di burro
Sale e Pepe
Preparazione: in una pentola capiente preparate un brodo con gli odori, i pomodorini e le rigaglie. Mettete il pane tagliato a fette fini in un tegame di cottura e versartevi il brodo di rigaglie non filtrato. Cuocete a fuoco lento, rimestando continuamente. Circa 10 minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete una noce di burro, sale e pepe, ed infine spolverare con il pecorino ed un filo d’olio. Servite il carcerato molto caldo in delle ciotole.