venerdì, Novembre 22 2024

La cucina moderna affonda le proprie radici nel ‘400 e nel ‘500, grazie alla scoperta dell’America e le vie commerciali dal Nuovo Mondo, che permisero l’arrivo di nuovi prodotti alimentari, le tavole nostrane cambiarono radicalmente.

È proprio in questo periodo che nasce un gusto di presentare i piatti. Carni in crosta di pane, le prime paste “all’italiana” come maccheroni e vermicelli, le prime paste ripiene e il cioccolato sono solo alcune delle novità culinarie.

Ovviamente a seconda del ceto sociale le tavole erano imbandite diversamente, difatti nelle case dei ceti più bassi non si vedevano cibi lussuosi, ma pane, vino, poca carne, un po’ di pesce, marmellate, a volte uova, frutta, farinata di miglio e di castagne, verdure a seconda della stagione.

Il pane, che è alla base della dieta dei poveri è sempre senza sale visto il costo, i poveri lo mangiano da solo, mentre i ricchi lo usano come base per appoggiare gli arrosti.


Se non viene comprato dal fornaio, viene preparato in casa e in questo caso deve essere rigorosamente cotto nel forni pubblici allo scopo di permettere alle autorità di controllare, attraverso il consumo di ogni famiglia, le possibilità economiche di ognuno e procedere così a una tassazione equa, e mantenere il prezzo giusto.

Purtroppo il pane viene spesso a mancare, dunque più comunemente viene offerto nelle feste o nei matrimoni. Spesso alla morte di un personaggio vi è l’usanza di distribuire il pane ai poveri, così che questi abbiano un buon ricordo di lui.

Quando il pane è duro c’è l’abitudine di fare la “panata”, una minestra a base di pane duro grattugiato, uova, parmigiano, noce moscata e sale. Sono anche molto usate la pasta e la minestra, compresi i maccheroni; nelle grandi occasioni si mangia anche la carne e il pollo e quando si uccide il maiale è usanza offrire un pò di sanguinaccio al vicino.

Durante l’epopea medicea a Firenze, il palazzo di Via Larga era il luogo del potere. La residenza era la scena dove si scandiva la vita dei personaggi più illustri e più potenti della città. E come si sa, lo sfarzo, la bellezza, la ricchezza sono sempre presenti nelle case dei potenti. Ma anche luogo dove vivere il quotidiano e il proprio privato. Difatti tutti ci immaginiamo un Lorenzo de’ Medici politico, un Lorenzo banchiere, un Lorenzo mecenate dell’arte, ma mai ci immagineremmo un Magnifico bongustaio.

Invece era proprio così. Lorenzo il Magnifico amava la buona cucina e in alcuni dei suoi scritti ha annotato ricette e ci ha riportato quali erano i suoi piatti preferiti.

Come nel Canto dei Cialdonai dove scrive la preparazione dei cialdoni, oppure come nei Canti Carnascialeschi e nella Nencia di Barberino dove fa un lungo elenco di pietanze “popolari” che si potevano consumare nelle osterie fiorentine di città e dintorni; scrive: schiacciate, migliacci, castagnacci, aringhe, pancetta, salsicce, fave arrostite, pecorini, cosce di rana, arrosti rustici di selvaggina.

Questi ultimi se li procurava in prima persona durante le battute di caccia nelle zone intorno la Villa di Poggio a Caiano (Prato) e quella di Cafaggiolo (Barberino), battute che poi terminavano con grandi e mangiate solenni.

I banchetti ufficiali, però, rimanevano sempre a Palazzo Medici, nei quali si mangiava nel lusso più totale, così divenendo famosi in tutta l’Italia di allora.

Ricordato negli annali fu il banchetto nuziale di Lorenzo e Clarice Orsini nel 1469, che durò per giorni interi, mai abbassando il livello, che rimase eccellente sia per le portate che per le stoviglie.

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