Ai tempi delle crociate in Terra Santa, un uomo, un imperatore, era considerato lo stupore del mondo: Federico II di Svevia.
Dopo di lui, l’uomo più importante di tutto l’impero era senza dubbio Pier delle Vigne, conosciuto anche per essere stato – oltre che politico – un letterato e scrittore; massimo esponente della prosa latina medievale e degno di comparire e divenire “immortale” nell’opera dantesca.
Egli infatti, ebbe l’impero di Federico in pugno per venti anni, in questo periodo la sua volontà fu legge.
Ma come sappiamo bene, l’eccessivo potere fa incattivire gli animi delle persone e fa bramare gloria e forza. Le calunnie si fecero sempre più sibilanti nelle corti imperiali, e quando all’orecchio del sovrano, giunse l’accusa che Pier era in combutta con i nemici dell’impero, fu imprigionato.
Il tremendo asilo fu la rocca di San Miniato al Tedesco, nella quale trovò la cecità per mano dei suoi carcerieri.
Federico aveva perso ogni fiducia nel proprio segretario e, dopo avergli tolto la vista brutalmente, lo voleva giustiziare come esempio sulla pubblica piazza.
Pier venne messo a cavallo e portato via da San Miniato, ma durante il tragitto egli sapeva la sorte che lo avrebbe atteso in città.
Ormai col solo udito rimasto e conoscendo bene la strada, quando sentì gli zoccoli del cavallo toccare la dura roccia sotto di sé, prese la decisione di scampare all’umiliazione di essere ucciso e schernito in pubblico. Saltando di cavallo a testa in giù andò a fracassarsi la testa su di un masso scampando all’obrobrio della pena capitale.
Si era, ed è sempre stato considerato innocente. Anche Dante lo considera tale e nel percorso infernale che il poeta percorre si imbatte in Pier delle Vigne che dice:
« Io son colui che tenni ambo le chiavi
del cor di Federigo, e che le volsi,
serrando e diserrando, sì soavi,
che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi:
fede portai al glorïoso offizio,
tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ‘ polsi. »
e ancora sulla propria morte:
« L’animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.»
(Inferno, Canto XIII)
Storicamente c’è da annotare che non sia sicuro la sua prigionia a San Miniato anche se la leggenda ha preso sempre più campo e, nonostante la risaputa storia sulla sua presunta innocenza, ci sono ancora lati d’ombra sull’intera vicenda.