Ci sono volute sei università a livello internazionale come gli atenei di Pisa, Bologna e del Salento per l’Italia, assieme all’Università di Valencia oltre la britannica University of York e il tedesco Max Planck Institute coralmente diretti dai Carabinieri del RIS di Parma per risolvere un vero e proprio cold case rinascimentale.
Difatti, il 17 novembre del 1494, all’inizio dell’occupazione di Firenze da parte del Re francese Carlo VIII durante la Guerra d’Italia (1494-1498) trovò precoce morte il famoso Pico della Mirandola, defunto in circostanze misteriose a soli 32 anni. Uomo di cultura, umanista e filosofo di straordinaria memoria recitò la sua ultima scena nella Firenze di fine Quattrocento, forse per le sue vicinanze al governo di Savonarola assieme al Poliziano – anche lui scomparso in circostanze dubbie – si è pensato, pur senza prove, che fosse stato fatto uccidere da Piero de’ Medici anche se la versione ufficiale dichiarava colpevole la sifilide, ma le recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato il contrario.
Riesumati i resti conservati in un chiostro vicino la fiorentina Basilica di San Marco sono stati esaminati, con vari test biologici, le parti organiche come ossa, unghie, tessuti molli mummificati e successivamente anche i vestiti e il legno della cassa. Proprio da un’unghia del filosofo si è evidenziato, dopo una scansione al microscopio elettronico, la presenza di una stria biancastra – oltre i limiti normali – spia dell’esposizione al veleno arsenico.
Gli scienziati hanno improntato una ricerca multidisciplinare spaziando tra analisi antropologiche e documentali, datazione al radiocarbonio e analisi del Dna antico accanto a sofisticate tecniche di microscopia ottica ed elettronica.
In coclusione Fulvio Bartoli del Dipartimento di Biologia dell’ateneo pisano spiega:
“Gli esami eseguiti hanno dimostrato che nei resti di Pico erano presenti segni riconducibili ad intossicazione da arsenico e che i livelli del veleno erano potenzialmente letali, compatibili con la morte per avvelenamento acuto del filosofo. Ovviamente, che si sia trattato di avvelenamento intenzionale è difficile da dimostrare anche se questa ipotesi è sostenuta da varie fonti documentarie e storiche. La nostra indagine ha riguardato anche le spoglie di un altro grande umanista, Angelo Poliziano, anche lui scomparso prematuramente nel 1494 e inumato in una tomba vicina a quella di Pico. In questo caso però non risulta confermata l’ipotesi dell’avvelenamento perché i livelli di arsenico trovati sono piuttosto attribuibili a un’esposizione cronica al veleno, causata probabilmente da fattori ambientali o trattamenti medici”.
Pensando con mente indagatoria resta il tarlo di un quesito:
chi ha ucciso Pico della Mirandola?
Una domanda che soffoca la proprio voglia di verità nelle pieghe della Storia.